Ha scritto Richard Sennett che "la routine disgrega ma può anche proteggere". Chissà se il governatore Vendola si sarà ispirato a queste parole scegliendo di fare mesto ritorno in Puglia, abbandonando lo scranno parlamentare dopo la debacle del suo Sel e dell'intera coalizione, ridotta in queste ore a trattare con gli antisistema del M5S sulla base di un programma di otto punti. Come se durante la campagna elettorale Bersani e i suoi avessero proposto altro. Ma il dato "pugliese", che la dinamica nazionale secerne, è l'oggettivo ingabbiamento di Vendola in una regione della quale aveva fatto di tutto per sganciarsi anticipatamente. Altro non è che un segno di resa, di una linea che lo ha condotto alla deriva, dal momento che l'originale spunto, minimo comun denominatore dell'alleanza tra Pd e Sel, si è sbriciolato sotto i colpi delle schede elettorali, che hanno sostanzialmente fatto nascere un tripolarismo. Con le microformazioni, tra cui vendoliani e centrini montani, bocciate senza appelli.
Oggi dunque Vendola, dopo l'occupazione da parte dei consiglieri del Pdl, sceglie la strada maestra e stucchevole del rimpasto nella giunta regionale, aprendo al M5S, tornando alla carica con le quote rosa e con lo snellimento della sua "squadra da combattimento". Ma finendo, nei fatti, per far salpare solo la nave della vecchia politica, magari con un pensierino alle europee del 2014, allargando vecchi assessorati o inglobando nuovi interpreti, senza comprendere a fondo le sfumature di questi delicatissimi giorni, anche in chiave locale.
A ciò si aggiungano i riverberi chirurgici della decisione di Vendola, con il sindaco di Bari Michele Emiliano costretto a riporre nel cassetto i propri sogni di gloria. E contribuendo a inaugurare una sorta di generazione di flop, partita dalle fabbriche di Nichi con luccichii e sfavillanti slogan per finire negli scantinati polverosi della vecchia politica di Michele. Non certo è questo lo scatto di reni che serve alla Puglia e a Bari.
Twitter@Framoruso
Nessun commento:
Posta un commento