mercoledì 6 febbraio 2013

MA L'ALLARME AGLI UFFIZI È L'ALLARME DI UN PAESE INTERO

Uffizi, crolla un affresco dal soffitto del corridoio nella prestigiosa galleria fiorentina. E non si può che fare ammenda su come il belpaese gestisca i propri beni culturali. La piana di Sibari sommersa dall'acqua, le periodiche notizie di crolli a Pompei sono precise spie che segnalano un'emergenza ormai consolidata. Che va affrontata a viso aperto e senza il timore di voler apparire provocatori. La cultura è una precisa voce del pil italiano, oltre che patrimonio mondiale indiscutibile. Da miopi non costruirvi sopra un sistema di vasi comunicanti, che accanto ad un'offerta unica al mondo per quantità e qualità, deve necessariamente farsi industria. Con benefici occupazionali, e di ricadute nel settore del turismo destagionalizzato.

Certo, non si tratta di una tematica di facile soluzione. Il problema vero è che nell' Italia di oggi e del secolo breve manca una vera e propria cultura della filantropia, solo interventi dignitosi ma disarticolati. Forse perché si è intesa l’arte e l’intero panorama nazionale come un peso da far portare a chi ha più muscoli. La cultura in Italia è sempre più appesa al filo del mecenatismo, anzi, a piccoli interventi basati sullo sforzo delle fondazioni bancarie o microesempi di filantropia che, rispetto al mecenatismo europeo o statunitense, sono poca roba. Ecco che allora occorre immaginare l'intero comparto cultuale e turistico come una sorta di petrolio italiano. E affrontarlo come tale: abbassando l'iva nel settore turistico, coerentemente con la normativa comunitaria; sviluppando un brand culturale biancorossoeverde da esportare all'estero; valorizzare l'oceano di storia e testimonianze artistiche presenti in tutte le regioni. E soprattutto sostenendo con sgravi fiscali quelle imprese che fanno pil grazie alla cultura.

Twitter@Framoruso


Nessun commento:

Posta un commento